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Quando l’unica epidemia è la disinformazione

disinformazione

La questione Coronavirus mi (ci) impone una riflessione sullo stato dell’informazione giornalistica in Italia.

 

La cronaca nostrana degli ultimi giorni ha avuto come oggetto principale una questione di pubblico interesse che ha messo in secondo piano ogni tematica politica, economica e sociale riguardante il nostro Paese: la comparsa di alcuni focolai di infezione da SARS-CoV-2, noto ormai nel linguaggio comune come Coronavirus, in alcuni comuni della provincia di Lodi, in Lombardia. Le indagini messe in atto a seguito di questa scoperta hanno portato alla diagnosi di numerosi contagi in diverse regioni del Nord Italia, da cui son scaturite le misure di contenimento varate dal Consiglio dei Ministri in accordo con la Protezione Civile: quarantena obbligata nei comuni lodigiani, annullamento di tutte le manifestazioni sportive e culturali nelle regioni coinvolte, chiusura delle scuole di ogni ordine e grado: l’obiettivo, come intuibile, è ridurre le situazioni di affollamento di persone che possano costituire un serbatoio ulteriore di diffusione del virus.

La mia formazione medico-scientifica mi impone di seguire con particolare attenzione l’evolversi della vicenda; tuttavia, dal titolo si intuisce come lo scopo di questo editoriale non sia sciorinare numeri riguardanti i casi di contagio conclamato, infettività e mortalità del virus o le buone norme da osservare per limitarne la diffusione: per questo esistono portali istituzionali appositi a cui far riferimento.

Questa riflessione nasce dall’aver assistito, sin dal momento della prima diagnosi accertata, ad un’escalation preoccupante di articoli giornalistici e servizi televisivi il cui unico risultato è l’aver innescato una psicosi collettiva il cui diffondersi è ben più pericoloso del virus stesso.

Nonostante gli inviti alla calma provenienti dalle istituzioni, si sprecano ormai i titoli che dipingono un’Italia “preda di un virus mortale”, in contraddizione ai dati in nostro possesso sull’effettiva pericolosità del Coronavirus e allo scopo primario dell’informazione: fornire una panoramica completa e veritiera degli eventi. Al contrario, sembra che l’unico interesse di testate giornalistiche ed emittenti televisive sia quello di rappresentare un Paese in ginocchio. 

fonte Abolizione del suffragio universale

Mai come in questi casi i cittadini avrebbero bisogno di notizie certe e attendibili sulle quali ponderare i propri comportamenti, per non lasciarsi andare ad isterie di massa immotivate, se non addirittura dannose: ne sono dimostrazione gli episodi di discriminazione vissuti dai residenti cinesi in Italia, dal boicottaggio delle loro attività commerciali agli “allarmi” dettati dalla loro presenza, in barba ad ogni principio di rispetto e solidarietà umana.

E allora perché questa deriva contenutistica?

L’unica considerazione che mi viene in mente per rispondere a questa domanda è che anche i mezzi di informazione si siano ormai irrimediabilmente piegati alla logica del clickbaiting indiscriminato: giocare a “chi la spara più grossa” per catturare attenzione, traffico e di conseguenza notorietà. Una pratica che certifica come, nel 2020, la natura del contenuto passa in secondo piano rispetto all’emozione che deve suscitare nei lettori. 

Quello dell’informazione è l’ennesimo esempio dell’impoverimento culturale a cui stiamo assistendo negli ultimi anni, dove non conta più quel che si dice, ma come lo si dice. Nel mare magnum dei contenuti che ci bombardano quotidianamente, la strategia più facile per ottenere l’attenzione del pubblico è fare rumore. E ci si potrebbe anche rassegnare a questa deriva contenutistica, se non fosse che in questo caso c’è in ballo la salute delle persone.

I mezzi d’informazione dimostrano inequivocabilmente di aver abbandonato i dettami etici e professionali per abbracciare in pieno la logica del sensazionalismo ad ogni costo che decide chi sopravvive e chi muore nel selvaggio Web, anche a costo di fomentare paura e terrore che rischiano di aggravare ulteriormente la gestione di una situazione già complessa come un’emergenza sanitaria.

Questo dovrebbe scoraggiarvi definitivamente dalla ricerca di un’informazione di qualità? Tutt’altro, anzi, deve a maggior ragione spingervi ad andare oltre: non fermatevi al banale “l’ho letto su Facebook”, il web mette a disposizione infinite possibilità di conoscenza. Analizzate ciò che leggete con spirito critico, selezionate le fonti in base all’accuratezza di quanto riportato, senza fermarvi a titoli dal sapore più di propaganda che di notizia. La paura è il virus peggiore da eradicare, e il buonsenso è l’unico vaccino che abbiamo per combatterlo.
Immagine di copertina presa da freepik

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